Federica Galetto (Nightingale)

RIVERBERI DI SBECCATI CONTRASTI

Appaiono riverberi di sbeccati contrasti
come scintille
rese all’ipocrisia del cedere
scalfite invero dai tendini tesi del parlare
ridotto all’osso senza più vocali
Grasse nubi tribolano
Ti sento masticare le loro altezze
nei cunicoli ventosi
biascicando la scompostezza delle creste
a cui sottrai l’osso
Non so più distendermi
Allungare le membra nel riposo
da quando mi insegni la fiducia
con il silenzio
Esposta ai latrati del nulla mi siedo
immobile icona del gesto che impara
la teoria del toccare la carne
laddove esistere è solo materia
Eppure ti vedo nell’aria sbieca dei sogni
irrazionali meccanismi distraenti
intatta l’esalazione pura del grigio sfumato
della tua pupilla
a gonfiare cirri densi di diversità in abisso
fra noi
che amarci non ci costa che la vita intera
nel tempo che passa senza sentire la nostra voce

AVEVO CHIESTO A DIO

Avevo chiesto a Dio di rimanere in ascolto
né pane né acqua né sogni
un frullare distinto d’ali fra i rami
un volo di sapienza sui dossi
le cartilagini trapassate degli uccelli
solo orecchie sante d’amore
opportune casse armoniche nei cilindri di ghiaccio
appesi
ai viali di discordie e sopraffazioni che sfociano
in ventri aridi e bugie
Perché non sei rimasto in ascolto Dio
non volevo che acquiescenza sul male
un getto di pace nel buio
ossia speranza intricata e ferma
Se resina sui capelli e fango
mi rilasciano un sordido effetto
questo silenzio restio ai sussurri della dolcezza
dove gli inganni mordono il collo
le mani tremano sulle lacrime discese
Avevo chiesto a Dio di rimanere in ascolto
se mai le parole giungono
se poesia che vive trasmuta l’esistenza
in questa mi salvi nei suoi occhi


BESTIARIO PALINDROMO

Bestiario palindromo incessante
Cattura bieca di sorrisi
Quando le esterne realtà s’accendono
di finto pelo lucente
Bestiario palindromo ricorrente
Intercettato dai suoni resi storpi
che rigano denti e pupille
Ho tolto tenere leghe di premura
per imbastire corazze
sebbene sia la mia un’ipotesi senza rete
Addomesticare le furie incedendo
all’indietro mi preme sulle tempie
come se mai avessi conosciuto spazi aperti
in cui sostare in piedi
Ginocchia mani e collo alla torsione
ricordano alla mente un problema
in asfissìa congenita che scivola
abbattuto seminando colmi
Eppure mi resta sul capo un’ammorbidita diffidenza
da sc(hi)acciare
riposta in confusione fra erba e sole
proprio ad annunciare un volo imminente
Costrutto irrimediabile si lancia in aria dall’alto
sperperando anni e ore e minuti creati per fittizia
sorte
Mi domando ancora quando e se
Mi rimbocco maniche nascoste in alternanza
e non possiedo più certezze che mai ho posseduto
Bestiario palindromo in morte apparente

da “Stanze del nord” di Federica Galetto

Brevi considerazioni:

Leggere Nightingale schiude e disloca fondali cinti da pannelli in plexiglass, apparentemente frangibili, da cui è possibile scrutare le ampie vedute, così come i particolari e talvolta credere ai miraggi o lasciarsi trasportare dalla più rassegnata disperazione. Si tratta di vere e proprie stanze, ora fredde, ora tormentate, comunque sia vissute anche solo per metà, i cui riflessi sembrano scaturire da labbra di plastica, come nell’incipit de i Riverberi di sbeccati contrasti /appaiono riverberi di sbeccati contrasti come scintille/; la prima scena inquadra un legame, senza più vincolo, come maschere indossate tutti i giorni a volte inorridite, altre implacabili, perlopiù timorose, in teoria speranzose, con o senza pubblico e spesso con glitter andati di traverso /la teoria del toccare la carne laddove esistere è solo materia/.
Si ha l’impressione di un palcoscenico calpestato dagli stessi attori, con testi recitati a memoria, eppure ogni volta avversi, perché a differire sono le reazioni nel momento in cui si mimano assensi che nascondono contrasti. Camere nelle quali, comunque, non è più possibile rilassarsi, starsene in pace, racchiudersi per stessa ammissione dell’autrice: /Non so più distendermi/, in quanto il feeling è ormai scomparso, la forzata convivenza diventa inganno di un rapporto fantasma /che amarci non ci costa che la vita intera nel tempo che passa senza sentire la nostra voce/.

La scrittura di Federica così complessa e serrata, così elegantemente curata offre tele ricamate a mano, potremmo definirle squarci dell’anima filtrati da tulle estremamente sofisticati. Una scrittura capace di slanci passionali e particolarmente emozionanti, come la preghiera accorata che scopriamo nella lettura di Avevo chiesto a Dio, quasi una missiva dal tono confidenziale e -a tratti- autolesionista. Una richiesta che ha il sapore popolare in bocca /Avevo chiesto a Dio di rimanere in ascolto/, esigenza comprensibile e condivisibile; poi il dispiego amaro e disilluso con passi davvero notevoli /un volo di sapienza sui dossi le cartilagini trapassate degli uccelli/ opportune casse armoniche nei cilindri di ghiaccio appesi/. La fede non si placa anzi cerca appigli, anche se Dio ha inteso ma non ha accolto l’istanza, perché non si può concedere una certa sottomissione al male, non si può donare pace al buio e accordare una /speranza intricata e ferma/. Il peso, quel senso di promiscuità e di impotenza (resina e fango) avvertito da Federica lascia evidenti segni sul collo, nel silenzio, in ciò che viene urlato a squarciagola e ignorato. E l’immagine delle /mani che tremano sulle lacrime discese/ rallenta un poco il cuore nell’empatica mestizia. La supplica della Galetto è un po’ la nostra preghiera. Fin troppo semplice sentirsi parte attiva nel dialogo con Dio, nel chiedere e richiedersi colpi e udire silenzio in cambio; ecco che il tutto ha sembianze di un monologo. Noi così concentrati su noi stessi, sui nostri desideri, aspettative, illusioni, siamo noi a non porci all’ascolto.

Già il titolo Bestiario palindromo anticipa in maniera brillante il senso del testo; per chi non lo sapesse il bestiario è una particolare categoria di libri, risalente al Medio Evo, che raccoglie brevi descrizioni di animali (reali o immaginari) accompagnate da spiegazioni moralizzanti e riferimenti tratti dalla Bibbia. Il termine bestiario viene poi associato a palindromo, ossia quel numero/frase/parola che letta normalmente da destra verso sinistra o alla rovescia, risulta essere uguale. L’accostamento è complicato, la visione appare forzata come se fosse osservata da una quinta che cambia spesso posizione, ora dall’alto, ora al centro, ora al lato. Si accendono le luci della superficialità e l’area percorsa e da percorrere diventa incessante/ricorrente fino alla morte apparente, per utilizzare gli stessi versi dell’autrice. C’è da sottolineare un ritmo martellante che in Federica non è solito, le parole sembrano rincorrersi, tutto si muove solo in apparenza: le espressioni /cattura bieca di sorrisi/, i toni /suoni resi storpi/, le azioni /ho tolto tenere leghe di premura per imbastire corazze/, i pensieri /eppure mi resta sul capo un’ammorbidita diffidenza da sc(h)acciare/ma in realtà o quella che sembra tale all’autrice, tutto è fermo /sperperando anni e ore e minuti creati per fittizia sorte/in finti lanci di coraggio. L’impotenza, la mancanza di volontà, quasi il rifiuto della speranza è polvere rannicchiata in rimbocchi di maniche nascoste in alternanza, in una sentenza già scritta o forse no nella scelta di morte apparente, dove vivere ha un prezzo troppo alto e morire serve alla sopravvivenza.


F. C.

Bio:

Federica Galetto nasce a Torino. Poetessa, scrittrice, traduttrice, appassionata di lingua e letteratura inglese e americana, scrive sul blog letterario “La stanza di Nightingale” http://lastanzadinightingale.blogspot.com/ sul quale pubblica testi poetici di autori italiani e stranieri che traduce personalmente. Nel luglio 2010 pubblica per i tipi di Lietocolle Editore la sua prima raccolta poetica “Scorrono le cose controvento” e nel 2011 la sua prima raccolta di Poesie in lingua inglese “Ode from a nightingale”, Masque Publishing, l’e-book “Silent is the House” (bilingue, Inglese-Italiano), Errant Editions 2011. Sue poesie, racconti e traduzioni sono stati pubblicati su diverse riviste e blog letterari, antologie edite da Perrone Editore, Mondadori, Lietocolle, L’Arca Felice, fra le altre. Vincitrice del Premio “La vita in Prosa” edizione 2011 e Verba Agrestia 2011. E’ Direttrice di collana Collages della Errant Editions Small digital Publisher. Vive e lavora in Piemonte, in un piccolo villaggio del Monferrato.

“Stanze del nord” è la sua seconda raccolta poetica edita da Onirica Edizioni, 2012
.

9 pensieri riguardo “Federica Galetto (Nightingale)

  1. Vorrei ringraziare Francesca, padrona di casa, per l’ospitalità e le parole che ha generosamente voluto dedicare alla mia Poesia. Un abbraccio caro

    Federica Galetto

  2. Tutte belle, ma “Avevo chiesto a Dio” mi tocca di più, ha un pathos che sento confacente anche alla mia natura.

  3. una poesia radicata alla terra, in quanto “humus”, umiltà dell’autrice che fa trasparire il suo lato d’ombra attraverso una serie di immagini che si fanno guscio e allo stesso tempo stelo disteso verso l’esterno. una poesia attorcigliata alla vita e dalla vita sprigionata attraverso quest’anima delicata e sensibile.

    (Ho tolto tenere leghe di premura
    per imbastire corazze
    sebbene sia la mia un’ipotesi senza rete)

    una poesia sinfonica, permettetemi di dire!!! 🙂

    tre liriche molto toccanti e piene di discorsi da poter/dover approfondire, secondo me.

    davvero complimenti alla cara Federica.
    lo sai, che mi piaci. 🙂

    Antonio Bux

    1. Caro Bux, grazie. Il tuo commento mi rende felice; affermare che la mia è una poesia sinfonica è senz’altro un punto d’orgoglio per la mia scrittura, considerando che credo fermamente nel ritmo e nella musica poetica, una cifra che non deve mancare mai in ciò che scrivo, o dovrei dire compongo ; ) Grazie ancora. Un abbraccio caro,
      Federica

  4. Ciao Fiorella, grazie d’esserti soffermata. “Avevo chiesto a Dio” è una poesia straripante di emozione che esce a fiotti, in effetti è davvero densa ( ben ricordo il travaglio di ogni passaggio di questo testo ). Saluti a te, un abbraccio

    Federica

  5. Avviata la X edizione del Premio Letterario Nazionale “Città di Mesagne”, per opere edite ed inedite di Teatro, Narrativa e Poesia. – Bando dettagliato sul sito http://www.solidea1utopia.it o presso Via Parini 7, 72023 Mesagne BR – tel 347 2349752. Con un augurio anche per la Pasqua imminente, un saluto e la speranza di non aver disturbato. – Enzo e SOLIDEA (1 UTOPIA)

  6. Poetica che usa termini e parole come fossero cristalli di ghiaccio uniti fra loro. Questo a volte va a discapito del senso poetico ma non è questo il caso. La profondità di certi passaggi denotano un grande senso del creato ed è questo che un poeta deve trasmettere secondo il mio giudizio.

  7. Grazie Gianluca per esserti soffermato e grazie per il tuo commento. Il grande senso del creato a cui fai riferimento mi riempie il cuore.

  8. Ho apprezzato molto la potenza espressiva di “Aveva chiesto a Dio”, complimenti.
    Nel complesso si nota in questi testi una specie di ondulazione tra torsioni e “suoni resi storpi”che,- anche con l’uso di immagini originali e determinate da acutezza di pensiero alla vana ricerca di una dolcezza che io definirei quasi “austera”-mai sanno “addomesticare le furie”pur desiderandolo

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